Le saline trapanesi

Nulla sappiamo di certo e di documentatto delle saline esistenti lungo il litorale trapanese almeno fino al 1154, perciò tutto o niente si può dire al riguardo di esse durante le dominazioni succedutesi: fenici, romani, bizantini ed arabi. Gli studiosi sostengono che già i Fenici, utilizzassero il sale come merce di scambio con le popolazioni del Mediterraneo. Le prime testimonianze certe sulla presenza delle saline trapanesi, risalgono al geografo arabo Edrisi, nel periodo della dominazione normanna in Sicilia, lo storico nel “Libro del re Ruggero” parlando di Trapani scrive ”dinanzi alla porta della città giace una salina”.

Sicuramente la morfologia della costa, bassa e argillosa,  ha fornito il suolo adatto per l’impianto dei bacini, che hanno tratto vantaggio anche dalle caratteristiche climatiche, scarsità delle piogge nei mesi invernali e  siccita dei mesi estivi. Altri fattori essenziali sono la temperatura, che deve mantenersi per un lungo periodo superiore ai 20 gradi, il tasso di umidità relativa, la cui media non deve superare il 60 per cento e la presenza dei venti. Le saline trapanesi hanno inoltre una disposizione sul territorio irregolare, dovuta alle modalità con cui in passato venivano date le concessioni per realizzare le saline, queste dovevano adattarsi alla forma del terreno assegnato. Fu sotto la  corona spagnola che l’industria del sale trapanese raggiunse la sua massima espansione, trasformando il porto di Trapani nel più importante centro europeo di commercio del prezioso elemento. In questo periodo sono numerose le concessioni feudali riguardanti la saline, segno questo che l’attività era in ripresa e che le saline rappresentavano un’attività redditizia e pertanto erano ambite le concessioni feudali. La decadenza delle saline trapanesi iniziò con lo scoppio del secondo conflitto mondiale e si accentuò a causa della concorrenza di altri paesi produttori di sale. Molte delle saline furono dismesse o abbandonate mentre  nel 1922 nasceva la S.I.E.S. per far fronte alla concorrenza e per favorire il collocamento del prodotto sui mercati. Infine l’alluvione del 1965 devastò gran parte delle saline sotterrandole sotto una coltre di fango. Oggi le saline sopravvissute nei secoli lungo il tratto di costa compreso tra le città di Trapani e Marsala sono la testimonianze di una antica e gloriosa attività arrivata quasi miracolosamente fino ai nostri giorni.

    

La struttura di una salina di tipo tradizionale, comprende quattro ordini di vasche: la fridda o vasca di prima entrata, il vaso cultivu o vasca evaporante, le caure o vasche servitrici, le caseddi  o vasche salanti.

Le dimensioni e la profondità delle vasche sono legate ai diversi usi cui sono destinate,  l’acqua del mare entra, con l’alzarsi della marea, nella fridda profonda originariamente fino a un metro circa, estesa diversi ettari e con salinità fino a quattro gradi Baumè. Dalla fridda l’acqua passa nel vasu cultivu, di dimensioni inferiori alle fridde, nelle quali si raggiunge una salinità di circa 12 gradi Baumè. Da qui si passa, sempre per differenza di livello, in vasche che si trovano tra queste e le caure, il cui nome è ruffiane, di dimensioni ancora più ridotte e con una salinità di 16-18 gradi Baumè. Dalla ruffiana l’acqua viene immessa nelle caure, dove raggiunge i 26 gradi Baumé e da queste, tramite il canale d’acqua fatta, si immette nelle casedde, operazione, che prende il nome di ittari affacciu

Nella salina tradizionale il passaggio dell’acqua si effettua tramite canali, le cui pareti che dividono una vasca dall’altra vengono dette vrazza. I più importanti sono i canali di acqua fatta cioè acqua satura, attraverso cui l’acqua affluisce alle caselle salanti, il canale di acqua crura o acqua a bassa concentrazione, che collega il vasu cultivu alle cauri. Un canale più profondo detto sachia collega le vasche di prima entranta alla vasca evaporante detta vasu cultivu. I canali di convogliamento dell’acqua marina alle saline sono larghi e i loro fondali sono più bassi della bassa marea. I canali vengono alimentati da un sistema di chiuse di legno dette purteddi esse sono realizzate in legno.Gli argini che contornano la salina sono sostenuti da una doppia fila di conci di tufo provenienti dalle cave di Favignana o del marsalese. I movimenti delle acque, nel punto più alto venivano effettuati con l’ausilio dei mulini, che sfruttando il vento per produrre energia eolica, riuscivano a sollevare l’acqua ad un livello di 70-80 centimetri mediante, una vita senza fine di grandi dimensioni, chiamata spira d’Ar­chimede. L’impiego dei mulini, comunque, era limitato all’immissione dell’acqua dalla fridda al vasu cultivu, mentre i passaggi nelle successive vasche, venivano gestite da chiuse o purteddu ossia sportelli in legno.

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